La notizia è così bella che non si spiega come mai sia passata sotto traccia: la condanna a morte di Pakhshan Azizi, attivista curda quarantenne reclusa nel carcere di Evin, a Teheran, è stata sospesa. «Attenzione però», avverte Riccardo Noury, dal 2003 portavoce di Amnesty International Italia, «è una buona notizia ma provvisoria, la sentenza è stata solo congelata. Lo sciopero generale nelle principali città del Kurdistan iraniano e la mobilitazione internazionale hanno spinto le autorità giudiziarie iraniano a congelare il fascicolo di Azizi la cui impiccagione poteva avvenire da un giorno all’altro, tanto più che la corte suprema aveva confermato la sua condanna a morte. Questo può voler dire due cose: che Pakhshan Azizi sarà nuovamente processata e poi forse ricondannata a morte, oppure che il governo iraniano aspetta che si spenga l’attenzione internazionale sul caso per poi procedere, una tattica spesso utilizzata. Non dimentichiamoci che nel 2024 ci sono state oltre mille esecuzioni con un aumento considerevole delle vittime tra le donne e le minoranze».
Ma chi è Pakhshan Azizi e perché oggi si trova a Evin, lo stesso carcere di cui la giornalista Cecilia Sala ha trascorso i suoi 21 giorni di detenzione prima di essere liberata l’8 gennaio scorso? «Lei è curda e l’accanimento del regime iraniano verso i curdi prosegue da 45 anni dal momento che sono ritenuti capri espiatori delle falle della sicurezza nazionale. Poi lei è una donna, ed è anche un’attivista che si è mobilitata in favore delle minoranze», aggiunge Riccardo Noury. L’accusa formale che le viene fatta è quella di aver fatto parte di una formazione armata curda fuorilegge legata al Pkk. Ma è falsa perché lei è un’operatrice umanitaria che è stata tra il 2014 e il 2022 lungo il confine aiutando donne e bambini sfollati in seguito agli attacchi del gruppo armato dello Stato islamico e ospitati in campi nel nord-est della Siria e nella regione del Kurdistan iracheno. E è poi rientrata in Iran nel 2023 quando è stata arrestata, messa in isolamento, torturata e condannata a morte.
«Come attivista di Amnesty sono ottimista sulle sorti di Azizi, il suo avvocato ha fatto sapere che le sue condizioni di salute sono decenti, ma non è un caso risolto. In questo momento possiamo solo attendere e tenerci pronti a riaccendere la mobilitazione. Nonostante l’Onu si sia espresso in tema abolizionista rispetto alla pena di morte così come l’Unione europea, il tema spesso passa in secondo piano nei rapporti bilaterali», conclude Noury. Anche sul fronte della mobilitazione civile l’attenzione al caso resta alta: «Insieme ad altre associazioni stiamo richiedendo la cittadinanza onoraria per Azizi al Comune di Firenze per poter incidere concretamente anche se distanza sulla sua liberazione», aggiunge Sanaz Partow, 42 anni, iraniana, in Italia dal 2002, nel consiglio direttivo dell’associazione Donna vita e libertà di Firenze.
Aggiornamento alla data di oggi 6 febbraio 2025:
Amnesty Italia ci comunica che è stata respinta la richiesta di revisione del fascicolo di Pakhshan Azizi reclusa nel carcere di Evin, a Teheran e pertanto l'attivista curda è nuovamente a rischio di esecuzione. Sul sito di Amnesty Italia viene riaperto l'appello in cui si chiede l’annullamento della condanna a morte e la sua liberazione immediata e senza condizioni.