Il parlamento norvegese ha votando a larga maggioranza un progetto di legge che ha esteso il diritto all’aborto dalla dodicesima alla diciottesima settimana, sostituendo così la normativa attualmente in vigore, adottata nel 1978, proprio come già avviene nella confinante Svezia. In realtà, fino a oggi in Norvegia era possibile abortire oltre la dodicesima settimana, ma solo dopo aver ricevuto il benestare di un comitato di valutazione composto da due medici (un uomo e una donna). La legge estende alla diciottesima settimana anche la possibilità per una donna di ridurre il numero dei feti in caso di gravidanza multipla. Scorrendo i dati dell’Istituto norvegese di sanità pubblica, l’anno scorso l’83,7 per cento degli aborti è stato effettuato prima della nona settimana di gravidanza e solo il 4,7 per cento è stato effettuato dopo la dodicesima settimana, con l’approvazione del comitato di valutazione.

I vicini Stati dell’Europa occidentale che oggi consentono gli aborti più tardivi sono il Regno Unito e i Paesi Bassi (ventiquattro settimane), e l’Islanda (ventidue). A maggio anche la Danimarca ha annunciato di voler estendere il limite dalla dodicesima alla diciottesima settimana con una legge che, se approvata, entrerà in vigore il 1 giugno 2025. Ricordiamo che in Italia è consentito abortire entro i primi 90 giorni di gestazione in base alla legge 194 del 1978 Norme per la tutela della maternità e sull'interruzione volontaria di gravidanza, che sancisce le modalità del ricorso all’aborto volontario; oltre i 90 giorni quando la gravidanza o il parto comportino un grave pericolo per la vita della donna, oppure quando siano state accertate gravi anomalie del feto che potrebbero danneggiare la salute psicofisica della donna. Per capirne di più e riflettere su quanto è stato votato in Norvegia, abbiamo chiesto a Barbara Lalli, giornalista e bioeticisa, autrice di Mai dati. Dati aperti sulla 194 (Fandango libri ed.) e del podcast Affittasi utero di rispondere alle nostre domande.

Mai dati. Dati aperti (sulla 194). Perché sono nostri e perché ci servono per scegliere

Mai dati. Dati aperti (sulla 194). Perché sono nostri e perché ci servono per scegliere

Innanzitutto, la notizia norvegese è una buona notizia per le donne?
Direi di sì, perché a volte può servire più tempo (anche se clinicamente e moralmente è preferibile abortire prima possibile ma, appunto, non sempre è possibile). Qualsiasi limite temporale, poi, è inevitabilmente arbitrario perché dobbiamo stabilire un momento in cui cambi qualcosa (prima puoi abortire e dopo no) rispetto a un processo che è continuo, come ogni processo biologico. Tuttavia ci sono dei criteri che possiamo usare per orientarci. Se pensiamo che l'embrione sia sempre e subito una persona ci siamo tolti dalla difficoltà di dire quando accade e in che modo questo incide sulla possibilità di abortire. In caso contrario, quand'è che l'embrione acquisisce dei diritti? Quando diventa una persona e quando può sopravvivere da solo? Dipende anche da dove nasce e dalle sue condizioni; 18 settimane è un limite abbastanza lontano dalla viability (cioè il momento in cui il feto ha raggiunto la possibilità di vivere al di fuori dell'utero, ndr).

Quale dovrebbe essere il termine "giusto" a cui una buona legge sull'aborto dovrebbe tendere?

La possibilità di sopravvivenza (e aggiungerei, l'assenza di patologie fetali e la possibilità di sopravvivere con una certa qualità della vita) è un criterio utile. Poi dipende anche dalle ragioni per le quali si chiede un aborto. Le percentuali degli aborti dopo il primo trimestre è molto molto bassa ed è quasi sempre determinata dal rischio per la salute e la vita della donna o da patologie fetali. Sarebbe più rassicurante dare risposte nette ma spesso sono sbagliate.

Cosa raccontano i dati da poco pubblicati dal Ministero della Salute in merito all’interruzione volontaria di gravidanza relativi al 2022 in Italia? C'è una tendenza che possiamo evidenziare?
C'è un aumento del numero di IVG e delle minorenni che abortiscono; aumentano la contraccezione d'emergenza e il metodo farmacologico, ma rimane il solito problema: questi dati sono del 2022, per media regionale e chiusi in un pdf. Questo ci impedisce di sapere davvero com'è applicata la legge e cosa succede nelle singole strutture. Serve poco sapere cosa succede nel Lazio o in Lombardia, come ci servirebbe poco avere una mappa del quartiere per arrivare a un appuntamento.