Ma come è possibile morire in Italia a 22 anni per un ritocco al naso? Leggere le cronache della fine di Margaret Spada, 22 anni, è spaventoso. Almeno per chi, come il sottoscritto e moltissimi altri, discute ogni giorno con i propri figli dei rischi sui social. Margaret, infatti, aveva scoperto l’ambulatorio di rinoplastica romano grazie a un video su TikTok. Aveva cioè affidato il proprio corpo a medici dei quali non conosceva il curriculum, dei quali nessuno le aveva parlato per esperienza diretta, in una struttura che non aveva mai visitato fino al giorno della sua morte.
I dettagli fanno impressione. Nessuno l’aveva avvisata di restare a digiuno prima dell’intervento. Margaret così, nel pieno del malore, mentre cercano maldestramente di rianimarla a seguito dell’anestesia e di una possibile crisi allergica, ha i bronchi ostruiti dal pasto. E poi il percorso di studi di Marco Antonio Procopio, medico proprietario della struttura, laureatosi in Romania dopo che in Italia era arrivato 6230esimo su 6265 candidati al test di ammissione. Certo, un buon dottore non si giudica soltanto da questo, ma perché proprio lui, perché proprio lì? Perché Margaret era, come tante altre, alla ricerca di un corpo perfetto, di un volto senza sbavature.
E TikTok o Instagram sono diventati una sorta di albo professionale digitale dove si video-accreditano cliniche, dietologi, chirurghi plastici. Un vero e proprio esercito di “professionisti” che, dopo aver dilagato sul web, attraverso una martellante azione di lobby infiltrano la politica, approdano nei convegni in Parlamento, ottengono legislazioni sempre più permissive. Ecco allora le punturine fatte nei centri estetici, schiere di farmacisti e dentisti pronti a entrare nel grande business della bellezza. E poi stregoni, mascalzoni, ciarlatani. Nell’immenso fai da te dei social, allergici ai controlli, muoiono scienza e competenza. E nella grande rete dell’algoritmo, dove hai cominciato a specchiarti alla ricerca di un corpo migliore, rischi di morire anche tu.
