Atreju è il protagonista de La storia infinita, un ragazzino, un eroe che combatte contro il Nulla che sta devastando la sua terra, sotto le spoglie di un’invisibile, apocalittica presenza, capace di spazzare via uomini, interi regni, la loro memoria, come se, appunto, nulla fosse avvenuto. Chiede Atreju: "Ma che cos’è questo Nulla?" e la bestia famelica, gigantesca, simile a un lupo, che tenta di ucciderlo, risponde: "È il vuoto che ci circonda. È la disperazione che distrugge il mondo. E io ho fatto in modo di aiutarlo". "Ma perché?", insiste Atreju. "Perché è più facile dominare chi non crede in niente". Se dunque la festa della Gioventù Nazionale di Fratelli d’Italia a Castel Santangelo si chiama proprio così, si chiama proprio Atreju, significa che Giorgia Meloni intende lanciare un messaggio sottile: loro combattono affinché certi valori non vengano dimenticati. Loro credono. Gli altri invece no.
Ma chi sono questi "altri"? In ordine: Chiara Ferragni, recentemente accusata di avere diffuso un panettone da lei firmato, quando i proventi non andavano in beneficenza come previsto, ma "servivano a pagare cachet milionari" e che "fa soldi a palate indossando abiti o mostrando delle borse". Roberto Saviano, diventato ricco grazie ai suoi libri, quando avrebbe forse potuto scrivere di Caivano, ma si sa, la camorra vende di più, e dopotutto le "lezioni di legalità" le elargisce da un attico a New York. Elly Schlein, che ha rifiutato di partecipare alla kermesse per mancanza di coraggio. Lo stesso discorso vale per Giuseppe Conte e le leggi che varava mentre era al governo, tipo il Superbonus o il reddito di cittadinanza. Insomma, tutti questi personaggi sono, secondo il presidente del Consiglio, colpevoli di contraddirsi. In un modo o nell’altro rappresentano una compagine falsa, retta unicamente sull’immagine, sull’esibizione di sé e alla base non presenta che "il Nulla".
È curioso, perché è avvenuto, avviene lo stesso con Il signore degli anelli, un altro culto per la letteratura e la cinematografia di formazione. Lo ha ribadito ancora Giorgia Meloni, dal palco. La sinistra gioca con l’anello del potere, lo vuole tutto per sé, non accetterebbe mai di spartirlo, di condividerlo. È soggiogata dai piani di Sauron o è essa stessa Sauron? Domina, ghermisce, incatena. La destra invece, la coalizione di Giorgia Meloni, chi la pensa come lei, è immune da un certo tipo di tentazione, preserva un animo puro, incorrotto, simile al panorama bucolico, scandito da rituali antichi, abitato dagli hobbit della Contea. "Più forte di quell’anello c’è una compagnia che ti accompagna, dove ognuno fa la sua parte ed è pronto a prenderti in braccio se non ce la fai. Quell’anello non ci avrà mai, oggi siamo le stesse persone che eravamo ieri e domani saremo le stesse persone che siamo oggi".
L’identificazione con le storie che hanno universalmente popolato l’immaginario infantile implica appropriarsene secondo un’interpretazione personale, quando, logicamente, ognuno vi trova quello che vuole, anzi, quello che cerca. Anche agli elettori di sinistra sembrerà che la pretesa di omologazione, l’appello a un’unica bandiera, la diffidenza nei confronti di chi non si conforma, di chi è straniero, di chi vive ai margini, assumono le stesse sembianze degli eserciti di Mordor, dello stesso Nulla che opprime Fantàsia, e perché no, anche dell’ossessione per il sangue puro di Voldemort e dei Mangiamorte di Harry Potter.
All’interno di questa epoca confusa, ciascuna fazione accusa l’altra di vuoto ideologico. Ogni posizione viene appiattita, è resa interscambiabile dal regime di relativismo assoluto nel quale ci si muove. Chiunque può finire a somigliare al cattivo della storia: dipende da quale angolo, da quale prospettiva lo si guarda. Giorgia Meloni accusa Chiara Ferragni, Roberto Saviano e l’opposizione di nascondersi dietro a un dito, di non raccontarla giusta. Di non avere la sua stessa tempra morale, la stessa coerenza. L’altra parte è perciò costretta a ribattere, piccata, che l’incoerente è lei: lei che invita Elon Musk come ospite d’onore e lo tratta alla stregua di un grande amico, accompagnato da scrosci di applausi, circuito da salamelecchi, quando, oltre ad essere uno dei più strenui sostenitori della maternità surrogata, pratica a dir poco invisa dal governo, è anche lo stesso a credere nell’estensione di un capitalismo globalizzato e digitale che mal si concilia con il ritorno al piccolo mondo antico apparentemente ambito dalla destra. Elon Musk produce macchine elettriche, progetta spedizioni su Marte, gongola immaginando gli avanzamenti post-umanistici permessi dall’intelligenza artificiale. E Giorgia Meloni, nel frattempo, tuona contro tutto ciò che "non è naturale", non appartiene alla nostra tradizione, rischia di minacciare il patrimonio ereditario, le nostre radici. Inoltre, il ritorno al piccolo mondo antico potrebbe servire la questione ambientale. Quale causa migliore della protezione delle coste e delle montagne italiane, delle località turistiche, dell’arte e della cultura nazionali che rischiano di affondare insieme a Venezia se il livello del mare seguiterà ad aumentare e i letti del fiume a esondare, impazziti, demolendo le case di chi vi abita vicino? Invece, i sussidi e gli investimenti al settore dei combustibili fossili proseguono, a dispetto dell’accordo al termine della Cop28 che stipula il loro definitivo abbandono entro il 2050, e gli attivisti vengono arrestati. Se tutto deve rimanere com’è, se si osteggiano aprioristicamente soluzioni come la carne prodotta in laboratorio, il filo logico, consequenziale di un atteggiamento del genere dovrebbe portare a respingere le guerre, perché turberebbero l’ecosistema prudentemente protetto e fortificato dall’interno. Invece, il governo sostiene militarmente l’Ucraina e si è astenuto dalla risoluzione dell’Onu per un cessate il fuoco sulla striscia di Gaza.
Subito dopo la separazione da Andrea Giambruno, con il quale condivideva una figlia pur non essendosi mai sposata, molti esponenti politici hanno fatto notare che è piuttosto sleale, da parte sua, puntare il dito contro le famiglie anticonvenzionali. E durante la giornata di oggi si è levato un coro unanime che osserva quanto l’attacco a Chiara Ferragni e alla sua modalità di fruizione dei social network sia poco corretto, considerando che Giorgia Meloni, spesso e volentieri, anzi, quasi sempre, si esprime tramite Instagram, Twitter, Facebook, e la campagna elettorale precedente alle elezioni ha visto il maldestro, chiacchierato ingresso di tutti i candidati su Tiktok allo scopo di conquistare il voto dei giovani.
Essendo la politica diventata una questione di visibilità, seguendo esclusivamente seguito, proclami, numeri, non esistono regole. Questo Fight Club permanente prevede una narrazione mediatica attraversata da scontri, scintille, accuse reciproche, che infiammano e attraversano il cielo di ambo gli schieramenti. Nessuno crede a ciò che dice, nessuno dice ciò che crede. Trionfa la polemica sterile rispetto a chi risulta l’imbonitore più persuasivo. Una logica da mercato, se non fosse che esistono i social network, quindi gli alterchi si svolgono principalmente là, a suon di dirette, di post, di laconiche, fredde repliche sul proprio profilo, proprio come quelle che si sono susseguite oggi. Mentre avviene questo, la storia prosegue la sua marcia, le democrazie trascinate a rimorchio, in ritardo sul tempo.