Dove mai potrebbe festeggiare gli splendidi ottanta (li compirà il prossimo luglio) Dame Helen Mirren? Ma nella “sua” Tiggiano nel Capo di Leuca, dove più di dieci anni fa è stata trafitta da passione per una masseria diventata luogo del cuore e scalo sicuro tra un set e l’altro. A chi osa darle della star o, peggio, tributarle della regina come fosse sempre The Queen, lei infatti replica ormai con un refrain: «Non chiamatemi star. Non datemi della regina. Sono solo una contadina salentina», e se ne vanta non solo a parole, lasciandosi riprendere – dopo il video cult in tempi di Covid per opera di Checco Zalone nel ruolo della Vacinada – mentre cura gli olivi falcidiati dalla Xylella o raccoglie rifiuti sparsi nei campi.
Non stupisce quindi che la prefazione di Dimore del Salento. Segni mediterranei (ed. Rizzoli) sia stata affidata a lei, che confessa la particolare magia di questa finis terrae, terra estrema sulla punta del tacco italico tra il mar Ionio e l’Adriatico, dove non vi sono straordinarie bellezze naturali ma miraggi e storie, di amori, invasioni e misteri. Anzi, conviene Helen, è proprio questa discrezione rurale a intrigare e svelare, a chi sa apprezzarla, magnifici segreti: «il Salento nasconde il suo fascino, la sua essenza più profonda, dietro muri e portoni, che lasciano solo intuirne la bellezza, e serpeggianti strade di campagna che attraversano il paesaggio».
Il volume si sfoglia come un itinerario fuori clamore verso paesi che sembrano dimenticati – Giuggianello, Cannolo, Bagnolo, Salve e Depressa (un nome che pare una formula apotropaica) – curato dalla designer e creative director Luciana Di Virgilio che, da pugliese “di ritorno estivo” (è founder dello studio milanese Di Virgilio Veneziano con il marito Gianni), ha raccolto i segni e i sogni di altri conterranei nostalgici che hanno ritrovato, letteralmente, la strada di casa o stranieri innamorati che qui si sono conquistati una nuova residenza.
Tutti affratellati, in una sorta di comunità etico-architettonica, quali autori di riprogettazioni audaci e ricche di emozioni quanto di cultura, a partire dalla stessa Di Virgilio: la sua “casa dei disegni” a Spongano – come definisce la dimora scoperta in stato di abbandono – non è un edificio nobile, ma di seduzione continua grazie alla pianta articolata capace di raccontare quella che era una volta la vita di paese, alle mura nella magnifica roccia calcarea locale, alle volte stellate e le nicchie ricavate a sorpresa nei vari ambienti.
Le altre tappe dell’inaspettato tour sono l’austero convento, trasformato da un lord inglese in una cosmopolita enciclopedia di arte etnica e aperto all’ospitalità dalla moglie, anche lei collezionista però di piante e cultivar; un ex ovile con rimesse, laboratorio e rifugio del musicista e pittore Michele Sambin tra gli ulivi, a volte promossi “pilastri” stessi dell’abitazione; palazzi orgogliosamente delabré – come quello scelto dallo chef stellato Guy Martin e dalla compagna interior designer Katherina Marx a Nardò, entrambi così entusiasti che i palazzi ora sono tre con soggiorno prenotabile; persino torri di avvistamento pacificate in ritiro di meditazione. Ognuno di questi strappato all’oblìo ma, appena varcate quelle mura e quei portoni, custode di incredibili bellezze.