La neve è cambiata. Lo sanno bene tutti coloro che non vedono l'ora di inforcare gli sci per regalarsi le prime discese durante le vacanze di Natale. Il problema non è tanto la frequenza e la portata delle precipitazioni, che anzi tende in certe zone, seppur ristrette, ad aumentare, ma l'incremento della temperatura. Il cambiamento climatico trasforma la neve in pioggia sotto i duemila metri, rendendo la permanenza del manto nevoso sempre più inconsistente. Abbiamo chiesto a Marina Baldi, climatologa, ricercatrice al CNR presso l'Istituto per la BioEconomia di rispondere alle nostre domande.
Cosa sta succedendo, in quota, in queste settimane?
Per ora di neve se n'è vista poca, tanto che molte regioni del Nord Italia si stanno attrezzando con la neve artificiale utilizzando i grandi bacini, sono circa 140 nella nostra penisola, concentrati soprattutto al Nord. I bacini hanno stoccato le precipitazioni del periodo estivo e autunnale che oggi vengono usate per sparare la neve artificiale dopo le 16-17 del pomeriggio così, di notte, quando fa più freddo, la neve artificiale si stabilizza.
È un processo virtuoso?
Non direi, perché la costruzione dei bacini implica il disboscamento di grandi superfici e l'impermeabilizzazione delle vasche, modificando così il paesaggio. Penso al passo Pordoi tra Trentino e Veneto dove oggi il grande bacino realizzato rende difficile riconoscere il territorio di prima.
Qual è il problema della neve oggi?
Le nevicate più consistenti come sempre arrivano tra gennaio e febbraio e nel 2025 si prevedono ancora più abbondanti sia sulle Alpi sia sugli Appennini. La criticità sono le temperature medie che, essendo elevate, non consentono alla neve fresca di formare un manto compatto e durevole. Questo aspetto mette in crisi l'industria dello sci invernale.
Ci sono finanziamenti pubblici che aiutano ad affrontare questo problema?
Sì, nel 2024 sono stati stanziati circa 150 milioni di euro per tutta l'Italia, anche se poi le risorse si concentrano al Nord complici le olimpiadi invernali di Milano- Cortina, dedicati all'ammodernamento degli impianti di risalita e all’innevamento artificiale. Solo 4 milioni, invece, vanno all'ecoturismo, cioè a quel tipo di turismo che non richiede la costruzione di altre strutture, ha un approccio più lento e sostenibile, più alla portata di tutti, anche sotto l'aspetto economico. Ma proprio perché porta meno denaro viene poco incentivato e ancora troppo poco se ne parla.
Se la neve si fonde più velocemente per via del cambiamento climatico è un problema "solo" per gli sciatori o anche per la montagna?
Anche per la montagna e i suoi abitanti, perché se la neve non si stabilizza e le nevicate abbondano il pericolo delle valanghe aumenta e un terreno che rimane più fragile e franoso. Inoltre, nel momento in cui la neve fonde, rimangono scoperti i versanti delle montagne più esposti che sono meno riflettenti rispetto alle aree coperte da neve e ghiaccio e dunque aumenta lo scambio dei flussi radiativi tra suolo e atmosfera e aumenta il riscaldamento a livello di microclima. È quello che è successo sulla Marmolada nel 2022: tra lo strato di neve e il suolo si è creato uno strato intermedio dove l’acqua fluiva velocemente, una sorta di vuoto che poi ha fatto scivolare la valanga.
Di quanti gradi è aumentata la temperatura in alta quota?
La temperatura media sulle nostre Alpi è superiore a quel +1, 5 % che si registra a livello globale. Lo vediamo anche d'estate quando lo zero termico sale oltre i 5000 metri. Nei Paesi a noi confinanti le cose vanno meglio, seppur di poco, da questo punto di vista, mentre noi dobbiamo fare i conti anche con le correnti che si formano sul mare Mediterraneo e le conseguenti masse d'aria calda e umida che dal mare si spingono verso le montagne portando temperature più miti.
Da quanti anni è in atto il "surriscaldamento" delle Alpi?
Del riscaldamento siamo coscienti da diversi decenni, mentre soltanto da 20-30 anni stiamo monitorando l’innevamento: prima non c'erano molti dati sulla profondità del manto nevoso e l’estensione dei ghiacciai.
Esistono misure per contenere il riscaldamento della montagna?
Per contrastare lo scioglimento dei ghiacciai si utilizzano dei teli per coprirli durante i mesi più caldi e mantenere il manto ghiacciato. Però sono teli sintetici che rilasciano particolato, microplastiche o nanoplastiche che alterano la composizione del manto nevoso e potrebbero sortire effetti che oggi sono allo studio, a partire dall'inquinamento. Inoltre, non sappiamo se queste particelle riescono a influire sulla rapidità della fusione della neve.
Nel Nord Europa, hanno trovato soluzioni intelligenti per frenare lo scioglimento dei ghiacciai e della neve?
L'unica soluzione oggi è ridurre l'effetto dei gas serra permettendo un rallentamento del riscaldamento globale. Nei paesi scandinavi c'è più coscienza di quello che succede in quota e forse un modo diverso di usare la montagna dove il turismo alpino viene orientato verso altre attività, oltre lo sci. Da noi c’e’ ancora poca coscienza di quanto sta avvenendo nelle aree montane e se ne parla ancora troppo poco, pur essendo aree fondamentali per i servizi ecosistemici che possono offrirci, e per il ruolo che svolgono come serbatoi di acqua per tutti.