“A gennaio una ragazza di tredici anni, che preferisce non rivelare la propria identità, ha aperto il canale WhatsApp ‘Stop al maltrattamento degli animali!💔💪’, che ora conta 6.300 iscritti. Tra loro ci sono i suoi genitori, i quali ‘non erano d’accordo’ che lei stesse su YouTube o TikTok. Tra aggiornamenti, petizioni e raccomandazioni, l’adolescente stima di dedicarvi una decina di ore alla settimana”. Lo riporta un articolo di Le Monde scritto da Michaël Szadkowski e dedicato all’uso dei canali WhatsApp da parte degli adolescenti.
Se su Instagram, TikTok e gli altri social network lo sguardo dei genitori (e del legislatore) è sempre più attento, WhatsApp è ancora terra di nessuno: in teoria sarebbe vietata ai minori di 13 anni, in pratica è alla portata di chiunque abbia un telefono cellulare, spesso con il benestare dei genitori che la ritengono un’app di messaggistica fondamentale per rimanere costantemente in contatto con i propri figli.
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Cosa sono e come funzionano i canali WhatsApp (e quali sono le differenze con i gruppi WhatsApp)
In realtà da un paio d’anni WhatsApp ha lanciato i suoi canali, molti simili a quelli della concorrente Telegram: gli amministratori possono pubblicare testi, immagini o video, e gli iscritti possono reagire solo con emoji, oppure rispondere ai sondaggi. Si tratta di canali pubblici, che possono essere ricercati e consultati da chiunque (anche da chi non li segue), oppure privati: questo significa che non possono essere trovati tramite la ricerca ma solo tramite link di invito.
Un’altra grande differenza tra i gruppi e i canali WhatsApp è che in questi ultimi i follower non possono vedere quale account sta pubblicando, a meno che la persona non si identifichi di sua volontà. Inoltre, gli strumenti di amministrazione dei canali WhatsApp non permettono di conoscere l’identità degli iscritti, ma solo il loro paese d’origine.
È in questi canali che gli adolescenti hanno trovato la loro alternativa a Instagram e TikTok: ci sono canali dedicati al gossip, alla musica, alla bellezza (skincare e capelli su tutti), ma anche ai manga o ai videogame.
Se i contenuti pornografici o violenti sono chiaramente vietati anche all’interno dei canali WhatsApp, esistono contenuti problematici come le pubblicità degli influencer, versioni distorte del corpo e del ruolo o messaggi politici, ma anche link che portano ad altre app o siti web.
E questo non è l’unico rischio: nonostante gran parte degli adolescenti sia consapevole dei rischi di molestie e cyberbullismo in cui incorrono online, molti condividono in questi gruppi informazioni personali come date di compleanno, passioni, interessi, abitudini di shopping, video della propria casa, del proprio quartiere o della propria scuola.
“‘Una ragazza aveva un canale con tremila iscritti e aveva condiviso informazioni sulla sua città e il suo numero di telefono. Un giorno varie persone che vivevano nella stessa città l’hanno minacciata e lei ha dovuto cancellare il canale’, ricorda un ragazzo. Di fronte a questi fenomeni, la moderazione di WhatsApp – a cui è possibile segnalare un canale o un utente – a volte è carente. ‘Le persone creano crea canali assurdi. Ce n’è uno che si chiama addirittura No alle donne. Ho provato a segnalarlo, ma non è servito a nulla’”, racconta un adolescente al giornalista di Le Monde.
E quindi? Come possiamo tutelare i nostri figli?
Ci sono paesi, come l’Australia, che hanno deciso di vietare l'uso dei social media ai minori di 16 anni, altri come la Svezia, impediscono l'uso degli smartphone nelle scuole. Ma, così come noi uscivamo dalla finestra per incontrare gli amici i teenager di oggi installerebbero una VPN per aggirare il parental control. E allora? Esiste una soluzione. Sì, e come al solito è quella più complicata: noi, in qualità di adulti, abbiamo il compito di rimanere il più aggiornati possibili e di spiegare ai nostri figli come riconoscere le truffe o le cattive intenzioni e come tutelare la propria privacy; permettere loro di avere un proprio spazio, che sia online oppure offline, trovando un punto di incontro ragionevole tra la loro necessità d’indipendenza e il nostro dovere di proteggerli.