Il lavoro può essere fonte di realizzazione personale, ma quando si trasforma in stress cronico può portare al burnout. Chi soffre di burnout sperimenta una sensazione di pesantezza costante e un distacco emotivo che compromette la qualità di vita. Il caffè non basta più, è un mero automatismo, come ogni sorriso che fai. Ogni piccolo compito ti sembra una montagna da scalare. Non è semplice stanchezza o malumore, è qualcosa di più profondo, più vischioso.
La sindrome da esaurimento emotivo prosciuga energie, motivazioni e senso di sé. Eppure, dietro questa crisi, può celarsi una possibilità. Di fermarsi. Di ricalibrare. Di capire che non siamo nati solo per lavorare e produrre all’infinito. C’è una linea neanche tanto sottile tra dedizione e distruzione: il burnout indica proprio che quel confine è stato ampiamente oltrepassato.
È una realtà che riguarda sempre più persone, e che merita attenzione, ascolto e totale comprensione.
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Che cos'è il burnout
Prima di chiamarlo “burnout”, molti lo descrivevano semplicemente come stress da lavoro o esaurimento. Ma c’è una differenza sostanziale. Il burnout è una condizione di logoramento profondo, sia fisico che mentale, che si sviluppa in seguito a uno stress cronico mal gestito, spesso in contesti professionali.
Herbert Freudenberger coniò per la prima volta il termine burnout negli anni Settanta, descrivendo la condizione di medici e operatori sanitari schiacciati dalla pressione. Oggi non riguarda più solo le professioni d’aiuto: può colpire chiunque, compresi studenti e liberi professionisti. Secondo il Manuale Diagnostico ICD-11 dell’OMS, non è una malattia, ma una sindrome legata esclusivamente all’ambiente lavorativo, che compromette l’efficienza e il benessere.
Il burnout non rappresenta una debolezza personale, ma una risposta fisiologica a stress prolungato.
Sintomi e segnali
I sintomi includono stanchezza persistente anche dopo il riposo e una percezione di sovraccarico di fronte alle richieste lavorative. Non ricordi l’ultima volta in cui hai fatto qualcosa solo per piacere.
I sintomi del burnout non si limitano alla stanchezza, ma si presentano in un insieme disordinato e persistente di segnali: apatia, irritabilità, difficoltà di concentrazione, cinismo verso colleghi o clienti, calo della motivazione.
A livello fisico si manifestano mal di testa ricorrenti, disturbi gastrointestinali, tensioni muscolari, insonnia. A livello verbale potresti notare frasi ripetute come “non ce la faccio più”, “mi sento vuoto”, “sto solo sopravvivendo”. E poi c’è la postura: spalle curve, sguardo sfuggente, gesti rallentati. La sindrome cambia il modo in cui pensi, senti, ti muovi e comunichi. E spesso, chi ti è accanto lo nota molto prima di te, anche se potrebbero non conoscere il significato clinico del burnout.
Cause e fattori di rischio
Sebbene spesso si realizzi di essere in burnout quando è già in corso, la sindrome da burnout non si manifesta all’improvviso. Può maturare lentamente, in mesi, a volte anni, come effetto cumulativo di carichi eccessivi, aspettative disumane, assenza di riconoscimento.
Il burnout da lavoro si manifesta in ambienti dove si pretende molto e si restituisce poco, dove il valore della persona coincide con la sua produttività. Interessa chi lavora con ritmi serrati, chi vive una costante paura di sbagliare, chi ha responsabilità elevate senza potere decisionale.
Non è questione di categoria: che tu sia un avvocato o uno streamer-influencer, basta una cultura organizzativa tossica, un capo manipolatorio o un ruolo che ti fa sentire invisibile. Più tendi al perfezionismo o hai difficoltà a dire “no”, più sei vulnerabile. L’assenza di supporto, lo stress, la comunicazione ambigua e la mancanza di riconoscimento sono fattori ricorrenti. A tutto questo si aggiunge la tendenza, spesso culturale, a glorificare il sacrificio.
Il rischio? Continuare a fare, mentre dentro qualcosa si spegne. E quando il corpo chiede una tregua, la mente non ha più le energie per ascoltarlo e l’inerzia prende il sopravvento.
Conseguenze del burnout sulla salute
È difficile immaginare qualcosa di buono nella sindrome da esaurimento emotivo, eppure, tra le macerie, può sopravvivere una scintilla di consapevolezza.
Il burnout distrugge lentamente: provoca apatia, senso di fallimento, disconnessione emotiva, insonnia, vulnerabilità immunitaria, oltre a compromettere le relazioni. Tende ad amplificare il bisogno di solitudine e la tentazione alla procrastinazione: il corpo e la mente si difendono come possono da un contesto percepito come ostile.
Proprio questa frattura, se colta nel momento giusto, può diventare occasione per ridefinire priorità, limiti e bisogni personali. Spesso la consapevolezza del problema arriva quando la condizione è già avanzata. Nei casi meno gravi, fermarsi può aprire uno spazio per ascoltarsi e riprendersi. In quelli più avanzati, serve l’intervento di uno specialista, senza se e senza ma.
Strategie per riconoscerlo e gestirlo
La prima difficoltà, per chi è travolto dalla sindrome da esaurimento emotivo, è capire che non si tratta solo di stanchezza. Se ti rendi conto che ogni mattina andare al lavoro è un peso insostenibile, che ogni mansione – anche la più banale – richiede uno sforzo sproporzionato, potresti essere in burnout.
Sapere come riconoscere il burnout è già un passo verso il cambiamento, ma da solo non basta. In questa condizione, la lucidità spesso vacilla e si rischia di giustificare l’insostenibile con un bel “è solo un momento no”.
È necessario rivolgersi a professionisti specializzati. Richiedere supporto professionale rappresenta un passo importante verso il recupero. A chi rivolgersi quando si è in burnout? Psicologi, medici del lavoro, centri di ascolto. Sono loro che possono fornirti le giuste strategie per rimettere ordine nel caos e, passo dopo passo, indicarti come uscire dal burnout.
Curiosità scientifiche
Studi di risonanza magnetica funzionale rivelano che il burnout cambia letteralmente il nostro cervello: la corteccia prefrontale - quella che ci aiuta a ragionare e decidere - rallenta, mentre l'amigdala va in tilt e rimane sempre in modalità "allarme rosso". È come se il cervello andasse in protezione, ma nel modo sbagliato.
La buona notizia? Il cervello è più resiliente di quanto pensiamo e, grazie alla sua neuroplasticità, è in grado di recuperare e "riparare" questi danni. Le strategie di prevenzione includono abitudini salutari come un sonno adeguato, attività fisica regolare e cibo sano. Cose che sappiamo tutti e che sottovalutiamo quando siamo presi dalla routine, ma che si rivelano davvero fondamentali se ti stai chiedendo come prevenire il burnout o quali sono le strategie per accelerare il superamento.
E poi c'è una cosa che spesso dimentichiamo: staccare davvero. Non si tratta solo di spegnere il computer, ma proprio di "cambiare canale" mentalmente. Una passeggiata senza podcast, una chiacchierata con una persona amica, anche solo guardare fuori dalla finestra per qualche minuto essendo presente a te stesso. Sembrano banalità, ma il cervello ha bisogno di questi reset per non andare in sovraccarico.
Articolo scritto da collaboratori esterni, per info e collaborazioni rivolgersi alla redazione