La Spagna del blackout ci ha mostrato ragazzi in piazza con la chitarra o un libro in mani, palloni per partitelle improvvisate e la rarissima immagine di persone che parlano on altre persone. Un sogno. La pandemia ha avuto, tra i suoi effetti perversi, anche quello di accelerare un uso smodato dello smartphone, diventato nel periodo di lockdown l'unico affaccio sul mondo. E da riempitivo, da escamotage momentaneo, per moltissimi quel modo bulimico di usare i device, è diventata prassi. E, soprattutto per i ragazzi (ma anche per chi li accudisce) è diventata anche una questione di salute mentale. Com'era intuibile, un mondo attorno che si ammala e allo stesso tempo si restringe, andando a confinare la vita tutta tra le mura di casa, per colpa di una pandemia che isola, che separa fisicamente dagli amici, dai compagni di studio e di sport, dai fidanzati, dai nonni, ha traslocato le vite di giovani di tutto il mondo al 90% on line. In modo così estremo da spingere, per esempio, il governo inglese ad avanzare nel 2021 una proposta di legge per vietare l'uso di smartphone a scuola, anche nelle ore di ricreazione, motivando la stretta, come aveva spiegato l'allora ministro dell'Istruzione Gavin Williamson, con la convinzione che i cellulari non siano "solo fonte di distrazione il loro uso improprio o eccessivo può infatti arrivare a danneggiare la salute mentale di uno studente". A dargli ragione, sia i dati raccolti da HBSC (Health Behaviour in School-aged Children) in un recente studio internazionale trasversale dell'Oms per monitorare la salute e il benessere degli adolescenti di 11, 13 e 15 anni in Europa e in Nord America, sia quelli di un'altra ricerca, pubblicata il 19 ottobre 2021 su The Lancet Child & Adolescent Health , che esaminava la relazione tra attività fisica, tempo davanti allo schermo e benessere mentale negli adolescenti. Entrambi i team di ricercatori hanno scoperto che più tempo davanti allo schermo e meno attività fisica sono associati a una minore soddisfazione della vita e a più disturbi somatici. Uno scarso benessere mentale, conseguentemente, può portare a problemi di sviluppo, difficoltà a raggiungere gli obiettivi educativi e influire negativamente sulla salute generale.
Smartphone e bambini
Eppure gli smartphone continuano ad anticipare il loro arrivo nelle vite dei ragazzi. La quattordicesima edizione dell'Atlante dell'infanzia a rischio, pubblicata a novembre 2023 con il titolo "Tempi digitali" e diffusa da Save the Children in vista della Giornata mondiale dell'Infanzia e dell'Adolescenza, ci ha detto che in Italia il 78,3% degli 11-13enni usa internet tutti i giorni soprattutto attraverso lo smartphone. E s'è abbassata sempre di più l'età in cui si possiede uno smartphone, con un aumento di bambini tra i 6 e i 10 anni che, dalla pandemia in poi, usano il cellulare tutti i giorni: dal 18,4% al 30,2% tra il biennio 2018-19 e il 2021-22. E giusto per avvalorare la casistica con una nota biografica, mia figlia va in prima media ed è l'unica su 24 a non possedere (e a non desiderare) un cellulare (solo un'altra compagna ha, come soluzione di compromesso, un vecchio modello a conchiglia da cui può solo mandare sms e chiamare), e mio figlio più piccolo va in seconda elementare e ha qualche compagno che già possiede o un tablet o uno smartphone. Team di scienziati esperti sul tema messo in campo dal presidente francese Emmanuel Macron che in un rapporto recente ha detto che i bambini non dovrebbero essere autorizzati a utilizzare gli smartphone fino all’età di 13 anni e gli dovrebbe essere vietato l’accesso ai social media convenzionali come TikTok, Instagram e Snapchat fino all’età di 18 anni.
Generazione Z e benessere digitale
Ma anche quando non è l'età di per sé ad essere un problema, lo può diventare l'uso o, come si diceva all'inizio, l'abuso del telefonino. Trovare un equilibrio tra vita online e offline è una questione delicata e incerta, soprattutto, ma non solo, per la Generazione Z, che soffre di ansia e frustrazione proprio a causa di questa disconnessione, che colpisce quasi 1 ragazzo su 2 di età compresa tra i 18 e i 28 anni. Lo dimostrano i dati della ricerca BVA Doxa commissionata da Lenovo.
Secondo la ricerca, più di un terzo (38%) dei ragazzi, invece, ritiene sia più facile esprimersi online piuttosto che offline, mentre il 75% vorrebbe poter avere conversazioni delicate e profonde con la famiglia e i propri cari nella vita reale. Quasi la metà degli intervistati parlerebbe volentieri con un professionista qualificato, per alimentare la fiducia necessaria per comunicare più apertamente con le persone che ama. Secondo Kim Hollingdale, psicoterapeuta specializzato in recupero dal burnout, la Generazione Z ha "la peggiore concentrazione di fattori di stress". Si va dalla mancanza di potere contrattuale sul lavoro all'instabilità finanziaria, alla normalizzazione della cultura dell'iperlavoro all'incapacità di rilassarsi. Sostanzialmente, secondo Hollingdale, la Gen Z ha meno possibilità di stabilire confini e dire di no alle richieste. Anche il lavoro da casa non aiuta a staccare e nemmeno i social che, anche se usati come svago, tendono ad aumentare la FOMO (Fear of Missing Out) e ad alimentare il confronto con le vite e le carriere altrui.
Ansia, depressione e la trappola dello schermo
E ancora: un nuovo studio pubblicato in occasione della Settimana Europea della Salute Mentale e portato avanti dal Policlinico Gemelli di Roma e da Unicef, dice che il 39% dei giovani italiani soffre di ansia o depressione, 1 su 7 tra i giovani tra i 10 e i 19 anni convive con un disturbo diagnosticato. La salute mentale delle nuove generazioni, tra anni di pandemia, instabilità economica e un futuro segnato dalla crisi ambientale, è, insomma, fragile e la via di fuga rappresentata dallo schermo del telefono è, spesso, una trappola.
Consapevoli ma dipendenti
La buona notizia è che fra gli under 35 l’81% ha la consapevolezza della propria dipendenza da smartphone. Non mancano le differenze di genere: le donne, in generale, risultano più dipendenti degli uomini (69% contro 64%) e prediligono social media e app di messaggistica, gli uomini, invece, sono più attratti da notizie, app di intrattenimento, giochi, scommesse online, pornografia e Intelligenza Artificiale. È quanto emerge da ricerca Changes Unipol, in collaborazione con Kkienn Connecting People and Companies, condotta su un campione di 1.518 persone: circa 900 giovani tra i 16 e i 35 anni e circa 600 adulti tra i 36 e i 74 anni. La ricerca evidenzia che i cellulari sono una concausa di una serie di comportamenti problematici: il 40% degli intervistati preferisce interazioni online a quelle faccia-a-faccia; il 30% riscontra una diminuzione delle prestazioni a scuola, a lavoro o nelle relazioni; il 57% usa lo smartphone fino a tarda notte, con conseguente perdita di sonno. L’utilizzo assiduo dello smartphone si traduce per il 90% dei giovani (16-35 anni) in una serie di abitudini controproducenti: insonnia (il 57% usa lo smartphone fino a tarda notte); ansia da interazione (il 50% teme di non essere raggiungibile o perde tempo controllando notifiche); riduzione della socialità (il 40% preferisce interazioni online a quelle faccia-a-faccia); diminuzione delle prestazioni (il 30% riscontra problemi a scuola, a lavoro o nelle relazioni).
Verso un cambiamento? I nuovi modelli digitali
Ma dato che è dalla consapevolezza che nasce il cambiamento, ecco che sta anche accadendo altro, come, per esempio, la crescita negli Usa, ma non più solo lì, dei gruppi di luddisti, ovvero giovani e giovanissimi che hanno scelto di rinunciare allo smartphone, per, invece, incontrarsi per chiacchierare o per dedicarsi a passatempi molto vintage: dipingono, intagliano il legno, cuciono abiti, scrivono racconti, osservano la natura, recitano poesie. Sempre più diffusi, inoltre, sono i Reading Rhythms, che, nati a New York, oggi si trovano ovunque, anche in piccolo centri italiani, e che prevedono di incontrarsi per leggere libri, in silenzio, e con lo smartphone tassativamente lasciato in deposito all'ingresso. Insomma, inizia ad esserci un moto contrario rispetto alla fagocitazione delle nostre vite dagli smartphone. Sono germogli, vedremo se e quando cominceranno ad essere un cambiamento visibile agli occhi, e misurabile dai numeri freddi delle ricerche da cui partiamo quando dobbiamo scrivere di questi temi.