Gli anni del liceo sono stati tra i più divertenti della mia vita. Lo sono stati nonostante abbia frequentato quello che aveva la fama di essere il liceo classico più difficile che la città avesse da offrire. Lo sono stati perché eravamo una classe di scarsi, ma non solo: eravamo una classe ingestibile, e dato che questa nostra caratteristica divenne inequivocabilmente chiara già in quarta ginnasio, venivamo affidati a professori che, per evitare problemi, definirei "caratteristici".

Io e i miei compagni per due terzi scarsi, nel senso di pochissimo votati al sacrificio in cambio di voti decenti (che arrivavano lo stesso, che vigeva un po' la filosofia del quieto vivere generale), non eravamo serenissimi al momento di dare la maturità, ma nemmeno disperati. Io, per esempio, avevo studiato moltissimo, solo che avevo studiato moltissimo metà delle materie. Esattamente come avevano fatto due terzi di noi. Giusto qualche giorno fa ricordavo con la mia migliore amica di quella prova di matematica da lei consegnata in bianco. Si prese uno zero, e pazienza. La versione di greco era talmente fuori dalla nostra portata che anche il professore ci disse "è un casino, non siete in grado". Due terzi di noi, infatti, non lo era, ma rimaneva quella piccola fetta di mezzi geni, che la fece per tutti.

Durante il mio esame orale, che prevedeva una specie di tesina che io feci sul tema dell'inconscio (che non so come riuscii a collegare a tutte le materie umanistiche), il commissario esterno tentò di farmi una domanda di fisica ma fu prontamente zittito dal mio professore di storia e filosofia, che s'era incaponito con l'idea che meritassi di uscire col massimo dei voti. Di fisica e chimica non sapevo nulla, e me la cavai benissimo così.

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Ricordi da luna park e incubi altrui

Ecco, quella in cui ho vissuto io, se non avesse oggi un significato molto diverso, la potrei chiamare bolla: eravamo in una bolla piena di cose che non posso raccontare, ma che hanno reso quei cinque anni una specie di luna park adolescenziale, grazie ai quali siamo ancora amici oggi. Nessuno, tuttavia, che abbia fatto il mio stesso liceo ha ricordi diversi che non siano vicini all'incubo, al terrore, che non comprendano esaurimenti nervosi e numerose nottate sopra i libri. Quando sento i loro racconti mi dispiaccio (in parte anche per me stessa, visto che quando sento parlare delle Argonautiche di Apollonio Rodio non trovo un solo appiglio nella mia memoria) ma penso anche che tutto sommato se la sono cavata. Più o meno come tutti, del resto. E il fatto che il 90% dei maturandi arrivasse ai giorni degli esami piuttosto snervato non creava alcun dibattito. Il giornale locale ti intervistata fuori da scuola, chiedendoti com'era andata, ma di quanto fossi ammattito per arrivare fino a lì importava poco. Di salute mentale degli studenti non si parlava.

L’ansia da maturità oggi

Oggi se ne parla tanto, ma ad un primo sguardo i dati più recenti sullo stato d'animo dei diciottenni, beati loro, che stanno per mettersi a sbrogliare versioni, problemi, traduzioni eccetera, mi sembrano abbastanza normali. Leggo, infatti, che per il 91% dei maturandi l'esame è considerato fonte di tensione e stress, giudicato "elevato dal 65% del campione". All'89% capita di pensare di non essere sufficientemente preparato: un pensiero fisso per il 67% degli intervistati e 3 studenti su 4, con l'avvicinarsi delle prove, temono un peggioramento della propria salute fisica e 9 su 10 di quella mentale.

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Però ditemi quale sia l'esame che fa un gran bene alla nostra salute mentale, che provvederò a consigliarlo immediatamente ai miei figli. Informatemi, che, come si usa dire, me lo segno. Per quel che ne so gli esami sono fatti per generare ansia, per farti sentire non pronto anche se lo sei, per farti passare qualche mese (nel caso della mia bolla, qualche settimana) ad annaspare tra cattive abitudini e piccoli crolli nervosi. Eppure sembra sempre che succeda per la prima volta, con sondaggi condotti qualche migliaia di studenti presi come misura della condizione di un intero esercito di maturandi.

Dormono poco, bevono troppo (caffè)

In questo caso è Skuola.net (in collaborazione con gli psicologi e psicoterapeuti dell'Associazione Nazionale “Di.Te.”, Dipendenze tecnologiche, GAP, Cyberbullismo) a dirci, a pochi giorni dal via alla Maturità 2024, che su un campione di 1.045 ragazze e ragazzi oltre la metà (52%) dorme male e poco. C'è, poi, "l'eccessivo consumo di sostanze in grado di mantenere attivi in modo artificiale, per sottoporsi a sessioni sempre più lunghe di ripasso. Che riguarda più o meno lo stesso numero di giovani, circa 6 su 10: il 29% ha aumentato l'assunzione di caffeina, il 10% di bevande energizzanti, il 19% di entrambe le cose". Altri dati: "il 29%, per darsi una spinta in più o banalmente per scaricare la tensione, ha incrementato il numero di sigarette giornaliere. Allo stesso tempo, però, gli studenti cercano anche delle valvole di sfogo, delle via di fuga. La ricerca del benessere per qualcuno avviene attraverso l'assunzione di alcol e droghe: il 15% confermando le abitudini già in essere, il 20% incrementando ulteriormente i consumi". E poi, ma dai, stanno troppo tempo sullo smartphone. Il 70% di quei poco più di mille, confessa di aver aumentato il tempo speso con il device in mano, e non per lo studio. "Col risultato di trovarsi intrappolati e stare peggio di prima: per oltre 8 su 10 l'uso smodato di chat, social e giochi on screen sta influenzando negativamente la capacità di concentrazione nello studio".

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Ma siamo sicuri che oggi vada peggio?

Non benissimo, certo. Ma non andava benissimo nemmeno dieci, venti, trent'anni o più fa. Se vada peggio adesso è difficile dirlo, visto che di ricerche del genere nel secolo scorso non se ne facevano. Quel che mi pare, mi scuseranno i maturandi, è che l'esame si diventato man mano meno severo. Già il mio era la versione pallida di quello della generazione dei miei genitori, che dovevano tradurre dal greco (o latino) all'italiano, ma anche viceversa: dall'italiano al greco (o latino). Qualcosa che non riesco nemmeno ad immaginare. La primissima versione, quella del padre dell'esame di maturità, Giovanni Gentile, era strutturata su una formula estremamente rigida, fatta di 4 prove scritte e una prova orale che copriva il programma degli ultimi tre anni, ma soprattutto la commissione era composta solo da membri esterni, spesso docenti universitari. Dopo vari cambiamenti, nel 2023 l'esame è tornato come quello del 2017.

I crediti scolastici (salvavita) tornano a essere 40 e i maturandi dovranno cimentarsi con una prova scritta, con sette tracce (difficile non beccarne una su cui poter dire un paio di cose sensate) relative a tre diverse tipologie di compito e con una seconda prova, anch'essa uguale in tutta Italia per i vari indirizzi. Ultimo step, il colloquio orale sull'esperienza dei Pcto (ovvero l'alternanza suola-lavoro) e un tema di educazione civica. La commissione è composta da tre membri esterni, tre interni e un Presidente esterno.

Se è vero che il fatto che i ragazzi dormano male e bevano troppo caffè non è di certo una buona notizia, è vero anche che, come per ogni esame, difficilmente una prova non genera ansia. E se sono giustissime, in chiave di una visione della società che vuole andare verso un proprio miglioramento, le richieste dello psicologo a scuola, con sportelli dedicati alla salute mentale che oggi sono, purtroppo, troppo pochi, il dramma maturità andrebbe forse trattato con toni, per restare in tema, non da tragedia greca. Quale tragedia nello specifico lo lascio dire a chi ha fatto il classico per davvero, e non nella bolla.