La rabbia non è uguale per tutti. Il fatto che quasi tutti finiamo, spesso oppure di rado, per provarla, non significa affatto che la sua gestione e le sue conseguenze, ci rendano esseri umani simili. C'è chi chi fa parte del mondo degli iracondi, che si infiammano e la esternano, e chi di quello dei "controllanti", che la reprimono, a volte la soffocano e si frustrano, e chi, ancora, dei razionali, che la guardano da fuori muniti del talento del distacco. E infine ci sono gli zen, come Ryunosuke Koike, priore del tempio di Tokyo, altre che nel suo Manuale di un monaco buddhista per abbandonare la rabbia, un milione di copie vendute, che scrive che noialtri irosi "Commettiamo l'errore di credere che arrabbiarsi sia vantaggioso, fornisca lo slancio per 'prenderci una rivincita', ma lo sfogo o la vendetta possono soltanto avvelenarci".

Scaricare la rabbia fa bene?

Ci sono scuole di pensiero che, invece, elencano i benefici che porta scaricare la rabbia, magari non urlando in faccia a chi ci ha fatto montare la collera, ma andando a correre, tirando di boxe (eccomi), sfogandosi su un oggetto qualunque. Altre correnti ancora vedono i rischi maggiori per la salute psichica ma anche fisica nella rabbia repressa che avrebbe conseguenze molto serie tra cui una forte tensione muscolare, una tendenza all'auto-sabotaggio difficile da controllare, la tendenza a evitare il confronto con gli altri, mostrarsi sempre docile, mai arrabbiata, sempre gentile, mentre dentro di sé si cova un vulcano di rabbia inespressa che non fa che crescere, non riuscire mai a dire di no, anche se ti tocca occuparti di cose che non sopporti proprio o che ti mettono ko l'umore. Di fatto, da tempo immemore gli esseri umani hanno cercato di ideare tecniche di gestione della rabbia. Nell'antica Roma, il filosofo stoico Seneca credeva che "la mia rabbia probabilmente mi farà più male del tuo torto" e offrì consigli per evitarlo nella sua opera De Ira (Sulla rabbia) del 45 d.C. Aveva, ovviamente, ragione.

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Andy Ryan//Getty Images

Di recente un'amica mi ha raccontato un fatto che le era accaduto, e se il suo tono era inizialmente divertito, man mano che parlava prendeva coscienza del fatto che quella storia sarebbe potuta finire molto male. Le era successo di passare accanto a due signore che chiacchieravano occupando tutto il marciapiede, con due cani di media taglia lasciati liberi, senza guinzaglio. La mia amica ama i cani ma detesta i padroni che se ne fregano delle regole di convivenza col prossimo. È quindi passata lanciando occhiatacce, una delle due le ha urlato dietro qualcosa, lei ha ribattuto dicendo che i cani devono essere tenuti al guinzaglio, e quella per tutta risposta, mentre lei se ne stava andando per la sua strada, le ha dato della prostituta, usando l'altra parola. A lei s'è offuscata la vista dalla rabbia, ha girato i tacchi e ha affrontato la tizia a muso duro, a un paio di centimetri dalla sua faccia. Non le ha gridato contro, non ha usato parolacce, ma con tono poco amichevole le ha chiesto una decina di volte "come mi hai chiamata?", senza allontanarsi mai. Alla fine le ha divise l'altra tizia, e la mia amica se n'è andata dicendo che una donna che usa contro un'altra donna quell'appellativo è uno schifo. È comunque rimasta piena di rabbia per buona parte della giornata. Il punto, le ho detto, e lei era d'accordo, è che sarebbe potuta degenerare, il quel momento di ira reciproca sarebbe bastato pochissimo per andare oltre le parole, e da lì in poi chissà che cosa potrebbe succedere. Gli scenari sono tanti, nessuno è particolarmente allettante. È stato a quel punto che m'ha detto che forse dovrebbe andare a quei corsi di gestione della rabbia, perché le capita abbastanza spesso di incazzarsi, soprattutto con sconosciuti che fanno cose come non fermarsi davanti alle strisce pedonali, andare ai 70 all'ora in città, sostare con la macchina accesa che impuzza l'aria. Le ho risposto che da che la conosco, ovvero dalla quinta elementare, è sempre stata così, è che sì, un corso potrebbe anche essere una buona idea. Ci siamo informate, abbiamo visto che esistono praticamente solo online (viviamo in provincia, che ci volete fare) a cifre folli. Ma oggi, e qui arriviamo alla notizia, le posso dare un nuovo suggerimento. Che probabilmente la farà incazzare tantissimo.

CALMA LA TUA RABBIA ADESSO: Ferma La Rabbia, Allevia l'Ansia, Riduci lo Stress e Impara a Controllare Le Emozioni Nella Vita di Tutti i Giorni

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Il metodo giapponese per sconfiggere la rabbia

Eccolo. Uno studio condotto in Giappone ha scoperto che scrivere la propria reazione a un incidente negativo su un pezzo di carta e poi tritarlo, o appallottolarlo e gettarlo nella spazzatura, elimina la rabbia. "Ci aspettavamo che il nostro metodo sopprimesse la rabbia in una certa misura", ha detto Nobuyuki Kawai, ricercatore capo dello studio, "Tuttavia, siamo rimasti stupiti dal vedere come la rabbia sia stata eliminata quasi del tutto". Lo studio, pubblicato su Scientific Reports on Nature, si basa sulla ricerca sull'associazione tra la parola scritta e la riduzione della rabbia, nonché su studi che mostrano come le interazioni con oggetti fisici possono controllare l'umore di una persona. Ad esempio, chi vuole vendicarsi di un ex partner può bruciare lettere o distruggere regali. I ricercatori ritengono che i risultati del trituratore possano essere correlati al fenomeno del “contagio magico retroattivo”, ovvero la convinzione che le azioni intraprese su un oggetto associato a una persona possano influenzare gli individui stessi. In questo caso, liberarsi dell’entità fisica negativa, il pezzo di carta, fa scomparire anche l’emozione originaria.

A cinquanta studenti partecipanti è stato, dunque, chiesto di scrivere brevi opinioni su un importante problema sociale, ad esempio se fumare in pubblico dovesse essere vietato. I valutatori hanno poi deliberatamente valutato i documenti con un punteggio basso in termini di intelligenza, interesse, cordialità, logica e razionalità. Per buona misura, i valutatori hanno aggiunto commenti offensivi come: “Non posso credere che una persona istruita possa pensarla in questo modo. Spero che questa persona impari qualcosa mentre è all’università”. I partecipanti, preda a quel punto di forti emozioni, hanno poi scritto i loro pensieri arrabbiati sul feedback negativo ricevuto sopra ad un pezzo di carta. A un gruppo è stato detto di arrotolare il foglio e gettarlo in un cestino oppure di tenerlo in una cartella sulla scrivania. A un secondo gruppo è stato detto di distruggere la carta o di metterla in una scatola di plastica. I livelli di rabbia degli individui che hanno gettato il foglio nel cestino o lo hanno distrutto sono tornati al loro stato iniziale, mentre coloro che hanno conservato una copia cartacea del foglio hanno sperimentato solo una piccola diminuzione della loro rabbia complessiva. I ricercatori hanno concluso che “il significato e l' interpretazione dello smaltimento gioca un ruolo fondamentale nel ridurre la rabbia. "Questa tecnica potrebbe essere applicata sul momento scrivendo la fonte della rabbia come se si prendesse un promemoria e poi lo si buttasse via", ha detto Kawai. Oltre ai suoi vantaggi pratici, questa scoperta potrebbe far luce sulle origini della tradizione culturale giapponese conosciuta come hakidashisara (hakidashi sara si riferisce a un piatto) presso il santuario Hiyoshi a Kiyosu, appena fuori Nagoya. Hakidashisara è un festival annuale in cui le persone rompono piccoli dischi che rappresentano cose che li fanno arrabbiare. I risultati dello studio potrebbero spiegare la sensazione di sollievo che i partecipanti riferiscono dopo aver lasciato il festival. So già che la mia amica risponderà con il suo solito, per me vitale, sarcasmo, ma da queste parti un tentativo lo si farà volentieri, anche perché è gratis.

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