Nel 2018 usciva su The Economist un articolo intitolato "Come ci si sente davvero a essere soli?"; nel testo, la giornalista Maggie Fergusson provava a dare una forma, un volto e soprattutto una descrizione sincera, a quella che aveva definito "la lebbra del ventunesimo secolo": la solitudine. "Niente nella vita di Rebecca dà l'idea di essere triste e solitario", Scriveva Fergusson, descrivendo la trentunenne di Fulham (un quartiere di Londra) seduta davanti a lei. "È triste - ribatte invece la ragazza - Lo ammetto: 'Sono sola e voglio avere una famiglia', e mentre lo dico avverto una sorta di vergogna".
Questa conversazione avveniva cinque anni fa, in quella che l'Ufficio Nazionale di Statistica Britannico aveva definito la "Capitale più sola d'Europa", ma che non aveva ancora conosciuto il Covid e la pandemia. Salto in avanti, un'era più tardi, sembra che Londra non sia un caso isolato, e che la situazione di Rebecca (che speriamo nel frattempo abbia trovato la felicità, non necessariamente una famiglia), potrebbe tranquillamente essere uguale alla nostra, a quella dei nostri figli, dei nostri genitori, e di migliaia di ragazzi adolescenti. Siamo la generazione della solitudine. Secondo le parole dello psichiatra Diego de Leo, pubblicate su un articolo del Corriere della Sera, sarebbero soprattutto bambini e ragazzi, le giovani madri, le persone divorziate e gli anziani, a soffrire maggiormente la solitudine; mentre studi condotti in varie parti del mondo (in particolare negli USA e nel Regno Unito) hanno dimostrato che potrebbe soffrirne fino al 50 per cento della popolazione mondiale.
Cosa provoca la solitudine dei ragazzi? Stando alle dichiarazioni dell'American Psychological Association, la pandemia ha sicuramente inaugurato una nuova serie di sfide per i giovani negli Stati Uniti, aggravando le crisi della salute mentale; ma i bambini e gli adolescenti statunitensi soffrono di disturbi psicologici già da molto tempo. "Nei 10 anni che hanno preceduto la pandemia, i sentimenti di persistente tristezza e disperazione, così come pensieri e comportamenti suicidi, sono aumentati di circa il 40% tra i giovani, secondo i dati del Centers for Disease Control and Prevention's (CDC) Youth Risk Behavior Surveillance", si legge nel report.
"Stiamo assistendo a tassi davvero alti di suicidio e depressione, e questo va avanti da un po'", spiega la psicologa Kimberly Hoagwood, professoressa di psichiatria infantile e adolescenziale alla Grossman School of Medicine della New York University. Quasi tutti i bambini e gli adolescenti hanno dovuto affrontare, negli ultimi tre anni, momenti di isolamento, spostamenti e, spesso, anche la perdita di un genitore. L'interazione con i coetanei risulta sempre più difficile, il contatto fisico in famiglia talvolta è assente, e l'interazione virtuale, spesso, mette un filtro sopra le emozioni, che con il tempo diventano sempre più opache, difficili da decifrare. Ci sentiamo soli e isolati perché, semplicemente, non riusciamo più a capirci.
In Italia il problema non è solo giovanile. Nel paese degli ultra sessantacinquenni, circa il 30 per cento delle persone con più di 75 anni dichiara di non avere nessuna persona a cui riferirsi in caso di bisogno, "Solo l’undici per cento degli anziani intervistati dichiara di ritenere di poter contare, in caso di bisogno, sul sostegno di un vicino di casa - spiega De Leo al Corriere -. È una situazione preoccupante, visto che l’Italia figura tra le nazioni a sbilanciamento demografico più marcato, con una quota di ultrasessantacinquenni che già sfiora il 25 per cento della popolazione totale".