A metà gennaio 2022 era arrivata una buona notizia per gli studenti italiani: Il governo Draghi aveva infatti approvato la manovra economica che aumentava il budget del Fondo per il funzionamento delle istituzioni scolastiche statali fino a 20 milioni di euro. Una decisione precisa, mossa dall'ampia domanda di assistenza e quel supporto psicologico che gli stessi studenti per mesi hanno chiesto a gran voce: coscienti del disastro emotivo che stanno vivendo, i ragazzi delle scuole superiori di tutto il paese hanno protestato, occupato e chiesto aiuto perché gli istituti non li lasciassero soli a gestire ansia, depressione, apatia. Stavolta l'appello è stato accolto, con la promessa di mettere in campo nuove risorse per il personale delle scuole statali, per gli studenti e anche per le famiglie. Solo a Roma, dall'inizio dell'anno a oggi, hanno occupato oltre trenta scuole.

E prima delle riforme della didattica e dei metodi di valutazione, prima dell'istanza di un insegnamento meno frontale, sono due le questioni che più premono ai ragazzi: l'educazione di genere – intesa come educazione sessuale ed educazione sentimentale – e la salute mentale, per la quale chiedono alle scuole nuovi servizi di ascolto e strumenti. Il primo dei quali è lo psicologo fisso a scuola. Che, secondo un sondaggio condotto da ScuolaZoo, in collaborazione con la fondazione Il Bullone, è desiderato da più di 9 studenti su 10, la quasi totalità, insomma, che vorrebbe, però, fossero anche rivisti il numero e la distribuzione delle ore destinate a questi incontri. Al momento, infatti, le occasioni per parlare con lo psicologo sono poche e spesso concentrate al mattino, in parallelo con le ore di lezione. Per ampliare i momenti dedicati alle difficoltà più intime, c'è stata anche l'approvazione da parte della Camera della proposta di legge sulle Competenze non cognitive, anche dette life skills. Ovvero, consapevolezza di sé, gestione delle emozioni, gestione dello stress, comunicazione efficace, relazioni efficaci, empatia, pensiero creativo, pensiero critico, prendere decisioni, risolvere problemi. In questo quadro di buone e belle intenzioni, tuttavia, si inserisce un dato certo non eccellente, perché sì, i fondi ci sono, stanno arrivando alle scuole e andranno divisi con i piccoli e i giovani profughi fuggiti dall'Ucraina, ma gli sportelli di assistenza psicologica sono paradossalmente crollati, nonostante il perdurare, come racconta un'inchiesta dell'Unione degli studenti, del malessere dei ragazzi.

Un monitoraggio, che è poi l'unico di cui si ha traccia, di marzo 2021, previsto da un protocollo tra ministero dell'Istruzione e Ordine degli psicologi (che non è stato più rinnovato) rilevava come 5.662 scuole su 8.163 avevano attivato il servizio di sostegno psicologico: il 69,2%. Di queste 3.178 lo avevano attivato ex novo proprio grazie ai fondi per "la prevenzione e il trattamento dei disagi e delle conseguenze derivanti dall'emergenza epidemiologica da Covid-19". I risultati migliori in Umbria, Veneto, Piemonte, Friuli Venezia Giulia e percentuali invece inferiori alla media in Sardegna, Abruzzo, Puglia, Calabria. Dopo quel report, dicevamo, non c'è stato null'altro di ufficiale. Ma gli insider degli Ordini degli psicologi sul territorio raccontano che gli sportelli sono ora crollati a 2.500-3.000, vale a dire la metà. Eppure adesso ce ne sarebbe più che mai bisogno perché, come recita una circolare di inizio marzo del Ministero dell'Istruzione, ai finanziamenti e dunque agli sportelli dovranno poter accedere anche i bambini e i ragazzi accolti nelle istituzioni scolastiche dall'Ucraina per fare fronte al disagio pesantemente aggravato dagli eventi bellici patiti.

L'Unione degli studenti su questo ha condiviso i risultati di un'inchiesta condotta nelle scuole superiori, che ha visto intervistati quasi 4 mila ragazzi sparsi in tutta Italia. Sotto a quei questionari sono arrivati centinaia di sfoghi, racconti, emozioni legati a disturbi diagnosticati, come attacchi di panico, ansia, depressione, anoressia, che i ragazzi sono per forza di cose costretti a gestire anche all'interno delle mura scolastiche. Anzi, forse in maniera ancora più impattante. Di fronte a testimonianze così crude, i ragazzi e le ragazze dell'Uds si sono mobilitati per chiedere l'istituzione per legge, e non soltanto in condizioni emergenziali, di "sportelli psicologici e consultori all'interno delle scuole che, attraverso le figure professionali, non solo supportino gli individui in stato di estremo bisogno ma che possano intraprendere percorsi con tutti i diversi soggetti presenti a scuola anche rispetto alla sessualità e alla conoscenza del sé". "Pensiamo - aggiungono - che sia necessario coadiuvare con queste figure professionali i percorsi di sensibilizzazione e rottura dello stigma". E ancora, dicono, "riteniamo fondamentale eliminare la necessità dell'autorizzazione da parte dei genitori delle studentesse e degli studenti per accedere a questi servizi (perché com'è intuitivo immaginare, succede spesso che mamma e papà siano all'oscuro del disagio che sta vivendo il proprio figlio) e che siano previsti anche in orari extrascolastici per evitare che si perdano attività didattica e dall'altro per garantire la privacy nell'accesso". Un'offerta, insomma, continua e permanente, non "l'ultima spiaggia". Un'attività diffusa, più volte a settimana e con tempi più lunghi: "Dieci minuti di colloquio - gridano nelle loro lettere - non ci bastano".

Dall'indagine emerge soprattutto una scarsa attenzione verso la salute mentale del popolo degli studenti: Nell'83% dei casi, dicono i ragazzi, non sono mai state organizzate attività o momenti di consapevolizza sul tema del benessere psicologico. Solo un intervistato su tre afferma che i propri docenti si preoccupino di metterli a proprio agio. Ci si aiuta tra compagni per 6 su 10. Gli sportelli sono diffusi ma coloro che affermano che il servizio è presente tutti i giorni sono solo il 3,1%. E intanto la proposta di legge per l'istituzione della figura dello psicologo a scuola, oltre le emergenze, è ancora ferma al palo.