Di recente ho chiesto a ChatGPT di scrivermi una storia d’amore. Ci ha messo dodici secondi a condensare tutta la conoscenza umana – ogni epopea romantica, sonetto petrarchesco e articolo di psychology.com – in un racconto di sei paragrafi, in cui Mia ed Elias si conoscono su un’app di incontri, fanno una passeggiata a Borough Market e vivono per sempre felici e contenti.
Tralasciando per un attimo il fatto che nessun londinese che si rispetti sceglierebbe Borough Market (ormai regno esclusivo dei microinfluencer di FoodTok) per un primo appuntamento, la storia era di una banalità così esasperante che ho dovuto chiedere al robot di spiegarmi il suo ragionamento. Questa è stata la sua risposta: «La storia suggerisce che, nonostante tutte le complessità digitali e le illusioni che caratterizzano le relazioni moderne, esiste ancora un profondo desiderio umano di connessione autentica».
D’accordo, suppongo che in tutto questo ci sia un fondo di verità; anche se, arrivati a metà di questo decennio e dopo aver attraversato insieme una pandemia globale, il modo in cui esprimiamo il nostro “desiderio di connessione autentica” non è mai stato meno banale. Per alcune persone, questo si traduce in un ritorno al patriarcato e all’eteronormatività, mentre altre stanno ridefinendo il modo in cui si impegnano nelle relazioni, nel tentativo di ricostruire la società dalle sue fondamenta. Allo stesso modo, c’è chi sceglie la chiarezza del sesso sobrio e chi, invece, usa sostanze per rafforzare il legame con i propri partner. Questo ritratto dell’amore contemporaneo si delinea sullo sfondo di diritti riproduttivi sempre più a rischio, di un crescente disagio per l’invadenza delle Big Tech e dell’ascesa di ideologie di estrema destra che minacciano di ridurre il ruolo delle donne nella sfera pubblica. Nel suo libro del 2019 Pleasure Activism: The Politics of Feeling Good, la teorica adrienne maree brown esplora le implicazioni di un mondo in cui piacere e sesso diventano principi fondanti di un attivismo basato sull’amore, la realizzazione personale, la connessione e la gioia. E se, invece di concentrare tutto il nostro amore su una sola persona o su un nucleo familiare, ci concedessimo di amare senza riserve? E se mettessimo il benessere e il piacere al centro delle nostre vite?
È un modo di pensare che sta guadagnando sempre più consensi, «perché, come società, siamo pronti ad abbracciare gli aspetti più radicali del piacere, a sentirci bene nei nostri corpi e con i nostri corpi, nonostante le pressioni che ci spingono in direzione opposta», afferma Ruby Rare, autrice pluripremiata ed educatrice sessuale. «Il piacere ha a che fare con il corpo. Con l’autodeterminazione. Con il gioco e il divertimento. E credo sia un modo potente per reagire alla disconnessione e all’apatia che le nostre vite moderne, dominate dalla tecnologia, spesso generano». Siamo nell’era dell’amore radicale.
Incontri romantici
Tremila persone hanno fatto domanda per partecipare all’ultima edizione del supper club Dinner for One Hundred. Ideato da due londinesi poco più che ventenni, Jake Bucknall e Jacob Stuttard, l’evento offre a cento sconosciuti single l’occasione di sedersi a tavola insieme. Il successo è stato tale che gli organizzatori sono stati costretti a introdurre un sistema a sorteggio per assegnare i posti. Una storia simile arriva da New York: i fondatori di un nuovo servizio di incontri hanno sviluppato un algoritmo che abbina le persone in base a valori condivisi, grazie a un questionario creato da studenti di Stanford. Ma invece di lanciare l’ennesima app, hanno deciso di organizzare feste in cui i single possono incontrare di persona i propri potenziali match. Il colpo di scena? Nessuno scopre chi sia la propria anima gemella fino alla fine della serata, trasformando l’esperienza – come racconta la scrittrice newyorkese Abby Balter – “in una sorta di Indovina Chi”. A un anno dal lancio, le feste Matchbox hanno già superato i 100.000 follower su Instagram e registrano il tutto esaurito in ogni parte degli Stati Uniti.
Dai running club invasi da single in cerca di avventure ai salotti letterari dedicati all’esplorazione erotica, non ci sono mai state così tante occasioni per incontrare potenziali partner nella vita reale. Intanto, il malcontento verso le app di dating sembra aver raggiunto il culmine e i numeri lo confermano: secondo l’authority britannica Ofcom, tra il 2023 e il 2024 Tinder ha perso 600.000 utenti, Hinge 131.000 e Bumble 368.000. Segno che siamo davvero pronti a gettare le app nel dimenticatoio e inaugurare una nuova età dell’oro fatta di eventi per single e incontri da commedia romantica? Non esattamente.
Emma-Louise Boynton, scrittrice e fondatrice di Sex Talks, spiega: «Quando le persone criticano le app di dating, secondo me il problema non sono tanto le app in sé, quanto il senso generale di sovraccarico tecnologico. Vivere costantemente online ci rende iper-esposti: troppe persone, troppe conversazioni, troppe notizie. È tutto semplicemente troppo. In quello stato mentale, le app finiscono per sembrarci più stressanti di quanto non siano davvero».
L’anno scorso, Eugene Healey – brand strategist di Melbourne le cui analisi sullo zeitgeist culturale diventano spesso virali su TikTok – ha previsto che nel 2025 l’IRL (cioè la vita reale) sarebbe diventata uno status symbol, mentre l’essere “tech addicted” sarebbe stato visto come un “tratto da bassa reputazione sociale”. Come ha spiegato lui stesso: «Ovunque guardiamo, gli spazi online sono sempre più ostili, e ormai trattiamo internet come qualcosa a cui siamo semplicemente obbligati a essere connessi. Intanto, le Big Tech ci hanno trasformati in un prodotto, una specie di banca del sangue da cui la maggior parte delle persone si lascia prelevare attenzione e vita intera in cambio di dati». Inquietante, a dir poco. Secondo Rachel Thompson, autrice di The Love Fix, le app di dating non spariranno perché, in fondo, sono utili. «Credo però che sempre più persone inizieranno ad affiancare agli incontri online anche esperienze dal vivo, considerando il digitale come una delle tante frecce al proprio arco sentimentale».
Anarchia relazionale
Lou, 29 anni, londinese, l’anno scorso ha fatto coming out come anarchico relazionale con i suoi genitori. «Credo che la cosa li abbia un po’ spiazzati» racconta, spiegando il suo approccio antigerarchico: invece di dare la priorità a un’unica relazione romantica, attribuisce la stessa importanza ad amici, amanti e partner. Lou fa parte di una comunità in crescita che rifiuta monogamia e matrimonio a favore di modelli relazionali alternativi.
Secondo Leanne Yau, educatrice pluripremiata ed esperta di poliamore, dietro questo cambiamento ci sono due fattori principali: «Il movimento per i diritti queer ha aperto la strada a una maggiore accettazione di strutture relazionali non convenzionali: nel momento in cui si inizia a mettere in discussione che una relazione debba essere per forza tra un uomo e una donna, o che il sesso debba coincidere con il genere, anche altri aspetti iniziano a vacillare, come l’idea che la monogamia sia davvero la forma migliore possibile». In secondo luogo, spiega, la pandemia è stata per molte persone un momento di reset. «È stato un periodo estremamente isolante per tanti, e credo ci abbia spinto a riflettere sul valore di avere più connessioni intime. E l’intimità non deve per forza significare sesso o romanticismo. Questo forte interesse per la non monogamia mi sembra il segnale che molte persone hanno iniziato a riconoscere i limiti dell’idea di affidare a un solo partner romantico tutte le proprie speranze, i propri sogni e bisogni per il resto della vita».
Per Lou, l’anarchia relazionale significa «creare e coltivare l’intimità» in base a ciò di cui ha bisogno in un determinato momento. «Mi impegno molto per esserci quando amici e partner hanno bisogno di me, e loro fanno lo stesso per me. Semplicemente, ci consideriamo tutti ugualmente importanti nelle nostre vite. Perciò non definisco nessuno "partner primario". È più come far parte di una rete in cui tutti cerchiamo di vivere come individui connessi e intimi, senza etichette né regole».
Dal punto di vista economico, i periodi di crisi sono da tempo associati a un aumento delle separazioni: vari studi dimostrano che, quando sale il tasso di disoccupazione, aumentano anche i divorzi. Le difficoltà economiche sembrano inoltre favorire un allentamento dei confini nelle relazioni: sotto pressione, siamo meno propensi a rischiare tutto con un partner che, in caso di rottura, potrebbe andarsene con metà dei nostri risparmi.
Lou vive in una “comune” in un ex magazzino insieme ad altre diciotto persone. Ha deciso di parlare ai genitori della sua scelta perché considera l’anarchia relazionale una posizione profondamente politica. «Per me, dare valore alle persone della mia vita come individui e rifiutare le regole e le gerarchie della monogamia o del poliamore è un passo verso la costruzione di una nuova società. L’anarchia non significa caos; significa cercare maggiore uguaglianza, allontanandosi da strutture opprimenti». Nel linguaggio quotidiano degli appuntamenti, questo significa che Lou frequenta e ha rapporti con «circa sei persone diverse, ma è tutto molto tranquillo». Il caso di Lou è probabilmente più radicale della media, ma come osserva Ruby Rare, autrice di The Non-Monogamy Playbook: «Oggi stiamo abbracciando l’anarchia relazionale più di quanto crediamo».
Nel 2025 sta diventando sempre più normale, come dice Rare, «dare uguale priorità a amici e partner romantici e amare la famiglia che scegliamo di costruire tanto quanto quella in cui siamo nati». I tassi di matrimonio sono in calo a livello globale: nel Regno Unito, il numero di persone tra i 25 e i 35 anni non sposate è raddoppiato negli ultimi trent’anni, mentre le generazioni più giovani sono sempre più propense a dichiarare di non volersi mai sposare. Allo stesso tempo, sempre più persone vivono in comunità – forse non con altre diciotto persone, ma condividendo la casa con coinquilini anche in età adulta, tra i trenta e i quarant’anni – e tutto questo sta cambiando il modo in cui strutturiamo le nostre relazioni intime.
Vita tranquilla
Mentre in alcuni ambiti le strutture tradizionali delle relazioni vengono ridefinite, in altri l’ideale eteronormativo si è riaffermato con forza. Dalle tradwife (mogli tradizionali) di TikTok, che condividono versioni altamente estetizzate della maternità casalinga con milioni di follower, alle donne che sognano un “uomo in finanza, con un trust fund” (come recita un noto trend), l’interesse per la classica famiglia con 2,4 figli, un marito che paga le bollette e una moglie che si occupa della casa sembra essere esploso.
«L’idea di migliorare il proprio status socioeconomico attraverso il matrimonio non è certo una novità, esiste da almeno tremila anni», spiega Thompson. «Penso che TikTok e gli YouTuber abbiano avuto un ruolo enorme nel ribrandizzare tutto questo come qualcosa di emancipante, e lo trovo piuttosto preoccupante. Ma se vogliamo capire perché sempre più giovani donne cercano di "fare il salto di qualità" sposando un "buon partito", dobbiamo guardare alle condizioni economiche che le spingono a vedere in questa strada l’unica possibilità per condurre una vita agiata».
In realtà, alla base di tutto questo c’è un malessere profondo, causato da un sistema economico ormai in crisi. La stagnazione salariale successiva alla crisi finanziaria del 2008 ha lasciato la maggior parte degli under 40 nell’impossibilità di comprare casa senza un aiuto consistente dai genitori. Le donne, in particolare – sovrarappresentate nelle professioni meno pagate e più inclini a prendersi pause dal lavoro per occuparsi di figli o familiari anziani – rischiano di lavorare tutta la vita per poi ritrovarsi in povertà una volta in pensione (nel Regno Unito il divario pensionistico di genere è attualmente del 35%). Tutto ciò rende comprensibile – per quanto regressiva – l’attrattiva della favola del cavaliere in scintillante completo Armani.
Ma sogneremmo davvero che qualcuno si prenda cura di noi, se il contesto economico fosse più favorevole? Emma Louise Boynton non ne è così sicura e fa notare che l’immagine della vita familiare tradizionale che vediamo sui social è più una strategia di branding che una rappresentazione autentica di come vivono davvero i creator. «La verità è che le tradwife più celebri – Ballerina Farm, Nara Smith e altre – non sono affatto madri e mogli casalinghe in senso tradizionale; lavorano come content creator e brand manager. Sono abilissime costruttrici d’immagine, che prendono in prestito l’estetica e gli ideali degli anni 50 per renderli affascinanti e desiderabili sui social».
Giochi da sobri
«La prima volta che sono andata a un sex party da sobria, ero terribilmente ansiosa», racconta Lola, alias Miss Masochist, content creator londinese specializzata in kink e fondatrice di Lucid, uno dei pochi sex party londinesi esplicitamente sobri. Pur frequentando da anni feste a tema sesso e BDSM, aveva sempre bevuto alcol per "sciogliersi un po". «Pensavo che l’alcol mi rendesse più divertente e interessante, quindi è stato davvero difficile vivere l’esperienza essendo completamente presente nel momento». Quella sera è tornata a casa senza aver “giocato” (cioè senza aver fatto sesso) con nessuno.
Lo scorso anno, la charity Drinkaware ha rilevato che quasi un quarto degli under 25 era astemio, e l’interesse per la sobrietà risultava in crescita in tutte le fasce d’età. «Per quanto riguarda sesso e appuntamenti, credo che il declino della cultura dell’alcol stia portando a un vero cambiamento di atteggiamento», spiega Boynton. «Già da tempo si percepiva una crescente delusione verso il dating usa e getta e la cultura delle avventure occasionali; ora che sempre più persone scelgono la sobrietà, sembra esserci una maggiore attenzione alla connessione autentica. In pratica, da sobri è meno probabile perdere tempo con qualcuno che, a conti fatti, non ci convince». Anche nell’ambiente dei sex party – dove gli incontri fugaci sono la norma – la sobrietà aggiunge un senso di intenzionalità. L’idea di Lucid è nata dopo che Lola aveva partecipato da sobria ad altri sex party, rendendosi conto che “giocare” con persone sotto effetto di alcol o droghe non le sembrava più giusto. «Ripensavo a tutte le volte in cui ero stata nei loro panni e, la mattina dopo, mi chiedevo: "Ma volevo davvero fare sesso con quella persona?". Il consenso c’era, certo, ma poi ti ritrovi a pensare: "Se non avessi bevuto o assunto qualcosa, sarebbe successo lo stesso?"»
Aveva anche amici e partner astemi che non volevano trovarsi in contesti dove si beveva o si faceva uso di sostanze, così si è posta una domanda semplice: dove potevano andare quelle persone? «Abbiamo iniziato in piccolo, con una festa da una ventina di persone, e da allora siamo cresciuti: per il nostro ultimo evento abbiamo venduto cento biglietti».
Secondo lei, il sesso genera una sorta di “sballo” tutto suo. «La gente teme che senza alcol o droghe non sarà altrettanto divertente o sexy, ma per me è il modo più bello di viverlo». Proprio come osservava Boynton, anche Lola sottolinea che la sobrietà le permette di essere pienamente presente, rendendo l’esperienza più autentica, più consensuale e, sul piano fisico, decisamente più intensa.
Coppie da sballo
All’estremo opposto dello spettro, ma sempre alla ricerca di una connessione più profonda, c’è il crescente movimento delle coppie che si drogano per restare unite. Una coppia che conosco (composta da una persona che si occupa di terapia e da un’altra che lavora nel campo della ricerca scientifica) organizza ogni anno una sorta di “assemblea annuale di coppia” facilitata dall’MDMA. In pratica, assumono MDMA – una sostanza nota per favorire apertura, euforia ed empatia, oltre a ridurre le inibizioni – e si pongono obiettivi, sia individuali che di coppia, affrontando anche le piccole tensioni nella relazione. Come mi ha spiegato la mia amica, la sostanza attenua la carica emotiva delle conversazioni più difficili.
«Lo prendiamo molto sul serio. Stabiliamo un ordine del giorno, sempre da sobri. Poi assumiamo l’MDMA in modo quasi cerimoniale: purifichiamo lo spazio, fissiamo un’intenzione, poi ci sdraiamo e ascoltiamo una meditazione guidata per circa 15 minuti. A quel punto iniziamo a sentire gli effetti della sostanza. All’inizio non parliamo molto: ci stiracchiamo, ci muoviamo un po’, magari balliamo. Scriviamo nei nostri diari in privato. Le prime ore sono piuttosto divertenti, poi ci ritroviamo per parlare». Potrebbe sembrare insolito, ma in realtà non lo è affatto. La terapia di coppia assistita da sostanze come MDMA o psilocibina esiste dagli anni Settanta. Negli ultimi quindici anni, però, ha vissuto un’impennata di popolarità, in parallelo con la rinascita della ricerca scientifica sugli psichedelici. Sebbene le statistiche ufficiali siano difficili da reperire (sia la psilocibina che l’MDMA sono droghe di classe A nel Regno Unito, e il solo possesso può comportare una condanna fino a sette anni di carcere), a livello aneddotico l’uso clandestino di queste sostanze da parte di terapeuti di coppia – in particolare l’MDMA – sembra essere in aumento. Tra i pionieri c’è lo psicoterapeuta di New York Charley Wininger, che sostiene l’uso dell’MDMA. Secondo lui, questa forma di terapia – che può costare tra le 5.000 e le 10.000 sterline – consente di superare blocchi emotivi profondi e promuove svolte significative nel rapporto di coppia. In Australia, psilocibina e MDMA sono stati legalizzati come trattamenti rispettivamente per la depressione e il disturbo post-traumatico da stress a partire dal 2023, ma in altri paesi il riconoscimento del loro potenziale terapeutico è stato molto più lento. Nel frattempo, il turismo psichedelico è fiorito in quei paesi dove alcuni di questi composti non sono illegali. Dai Paesi Bassi alla Giamaica, i ritiri che promettono di migliorare la relazione di coppia attraverso esperienze con funghi allucinogeni sono ormai all’ordine del giorno. Sembra davvero efficace: «Parliamo di traguardi nella relazione, matrimonio, avere figli, dove vogliamo arrivare con le nostre carriere», dice la mia amica. «Parliamo anche di soldi. Di solito odio parlare di soldi, ma l’MDMA ti mette in uno stato mentale in cui queste cose non fanno più paura. Tutto sembra nascere da un luogo d’amore». Queste sessioni di solito durano qualche ora, «anche se dobbiamo sempre fissare un limite. L’ultima volta abbiamo continuato perché sentivamo che c’erano questioni irrisolte, ma dopo otto ore, stanchi e affamati, abbiamo finito per litigare».