Due anni fa ha detto: ci vediamo domani. Era maggio, le serate erano miti, c’era una bella luce. Sono una che guarda queste cose, mi ricordo esattamente dove eravamo, la sua faccia, e come io mi divertissi vicino a lui. Avevamo preso un aperitivo. Credevo avremmo cenato insieme, ed ero certa avrei dormito a casa sua, come di frequente nei mesi precedenti. Tutte le promesse dell’estate che veniva stavano lì, intatte. Poi lui si è alzato, mi ha fatto una carezza leggera sulla faccia mentre rispondeva al cellulare, e ha scandito con le labbra “ci vediamo domani”. E invece l’indomani è successo che l’uomo con cui stavo è letteralmente sparito. Dissolto nel nulla. Irreperibile. Muto, come il suo cellulare perennemente staccato. In quel momento non lo sapevo ma mi era toccata in sorte quella faccenda sgradevole del ghosting. Lui che diventa un fantasma e sembra non esistere più. E pure io, in modo speculare, cancellata, bannata, scontornata e inghiottita dal vuoto cosmico. Almeno il ragazzo aveva pagato il conto: due gin tonic, l’ultimo atto della nostra storia.
Lì per lì è brutto. Ti senti stupida. Non avevi capito nulla di quello che stava per succedere, e adesso somigli a quei mosconi che sbattono impazziti contro il vetro della finestra senza poter trovare l’uscita. I primi giorni chiami e richiami il numero ossessivamente. Vai sotto casa (tutto chiuso) e sotto l’ufficio (non lo sapevi? si è trasferito, ti dicono). Tenti di violare il muro dei social, d’improvviso è invalicabile. Fai una serie di cose poco dignitose e nemmeno te ne rendi conto. Ti incazzi, anche. Io, quello, me lo ricordo come un periodo rabbioso, più che triste. L’idea che mi avesse negato il bene di una spiegazione mi mandava al manicomio. C’è gente che ci rimane sotto a cose del genere, perché il tutto suona proprio come un gigantesco: non vali niente, neanche il tempo né la fatica di dirti che me ne vado. Cominciai a capire come dovevano sentirsi quelli che andavano a Chi l’ha visto?, Ok, vuoi andartene, vuoi chiudere, lasciarmi. Ma perché così? Avrei compreso. Ne avremmo parlato. Potevamo restare amici. Poi un giorno mi sono stufata del tarlo che mi mangiava dentro. Qualcosa ha fatto clic nella mia testa. Mi hai ghostato? Bè, vuoi vedere che è meglio così?
Primo: ho applicato la logica. Se fosse stato l’uomo della mia vita e fosse sparito a quel modo, sarei morta di dolore. Ero viva. Dunque non avevo perso un bene inestimabile. Secondo: mi ricordai improvvisamente di quanto mi aveva implorato un fidanzatino del liceo. Dopo mesi di limbo nel quale lo avevo formalmente lasciato ma continuavamo a vederci, lo strazio divenne insopportabile. Per lui soprattutto, che infatti chiedeva disperato di essere finito, con un colpo definitivo. Andò da mia madre, le disse: sua figlia è cattiva, perché non mi fa fuori e basta? Alla fine il taglio netto è forse meglio della lacerazione che certe rotture si portano dietro, l’ho trovato scritto anche nel libro di una filosofa francese (Claire Marin, La fine degli amori, Einaudi, ndr).
Io non sono capace di lasciare. Mi sono portata dietro sempre tutti, con certi pasticci poco chiari che è meglio non dire. Dunque Mr.Ghost - proprio lui, il rozzo e spregevole incivile - mi ha messo di fronte all’eventualità che si possano evitare tutte quelle cose penose tipo vediamoci per parlare, che poi diventa vediamoci per litigare, e che finisce per assumere i contorni di una mostruosa non-relazione nella quale resti ancora e comunque nella vita dell’altro. Con Mr. Ghost, che non era l’uomo della mia vita, difficilmente la faccenda avrebbe acquisito i toni della tragedia. Ci saremmo incontrati per rinfacciarci cose. Io mi sarei convinta che tutto fosse molto più importante di quello che era. Infine, probabilmente, ci saremmo visti per fare sesso. Tristemente.
Andava tutto bene, poi di punto in bianco è sparito. Quando è successo il fattaccio la mia narrazione era questa. Ma se guardo indietro adesso, lo vedo bene che le avvisaglie c’erano tutte. Telefonate strane, assenze poco chiare, certi silenzi, certe reticenze. Stava tutto lì, dunque no, non è stato un fulmine a ciel sereno. È stato brutale, ma risolutivo. Alla fine ha rispecchiato esattamente quello che eravamo: due che potevano anche lasciarsi da un giorno con l’altro, senza rimpianti. Mi viene quasi da ringraziare. Si è tolto di mezzo senza strascichi, se non il fastidio iniziale di sentirmi una stupida. Mi ha pure bannata, togliendomi la possibilità malsana di spiare la sua vita online, il pallino verde che dice se è attivo, la foto del profilo con indosso il maglione che gli avevo regalato (mi pensa), la nuova fidanzata (è la mia brutta copia) la musica che ascolta (ha postato il video dei Fontaines Dc, I love you vuole dirmi qualcosa). L’uomo fantasma invece ha usato la mannaia. Con molta viltà e altrettanta decisione. Ogni tanto ci penso. Scartata quasi da subito l’idea che fosse finito sotto una macchina e giacesse abbandonato in qualche ospedale (ecco perché non chiama!) la cosa è finita per apparire, al dunque, in tutta la sua banalità sconcertante. Non voleva più stare con me, non sapeva bene come fare, non voleva storie. E se n’è andato. Ciao.