Da una parte gli arrabbiati cortei antirazzisti che stanno animando gli Stati Uniti nonostante il lockdown, per mettere fine a episodi di violenza ai danni della popolazione black così gratuiti da non poter lasciare indifferente nessuno. Dall'altro lato, ricorrenze quali l'Obama Appreciation Day (14 giugno) e il Pride Month 2020, con tutto giugno dedicato al tema dei diritti della comunità LGBTQIA+. Insomma, le rivendicazioni e le richieste a gran voce per una società realmente inclusiva (per genere, colore della pelle, provenienza, classe sociale) sono tante e sempre più di massa. Poteva forse l'industria del beauty, da sempre attenta a captare, se non anticipare, i trend e i movimenti socio-culturali, restarsene con le mani in mano? Assolutamente no. Ecco in che modo il comparto della cosmesi si sta muovendo per diventare più inclusivo. Che sia (solo) una strategia di marketing oppure no, poco importa: quel che conta è che il messaggio del "siamo tutti uguali" venga recepito anche e soprattutto dai grandi player. Traducendosi in fatti concreti.
Su Google aumentano i click per marchi beauty black-owned
Lo leggiamo ogni giorno: il movimento Black Lives Matter è sempre più forte e sentito, e infatti aumentano i cortei nelle varie città americane e nel resto del mondo. Il riflesso sul settore del beauty: secondo l'agenzia di analisi di mercato Spate, con base a New York e un occhio sempre rivolto a Internet, tra maggio e giugno su Google sono aumentate le ricerche dedicate ai marchi di bellezza "black-owned", quindi di proprietà di donne e uomini di origine afroamericana. In particolare, è da inizio giugno che la tendenza ha mostrato una vera e propria impennata. Tra i brand cosmetici più ricercati troviamo Oui the People, Uoma Beauty, Black Girl Sunscreen, KNC Beauty (fate un giro sui loro siti: sono super interessanti!).
L'impegno di Sephora per una bellezza più inclusiva
Intanto, qualche giorno fa Sephora, luogo di pellegrinaggio immancabile per qualsiasi beauty junkie che si rispetti, ha dichiarato che dedicherà il 15 percento dello spazio sugli scaffali dei singoli store ai marchi cosmetici black-owned. La speranza è che la catena francese non si limiti a riservare spazio ai prodotti (per altro super validi) firmati Fenty Beauty o Pat McGrath Labs, entrambi marchi fondati da due tostissime donne di colore, la popstar e imprenditrice Rihanna e la truccatrice Pat McGrath. Quello che i più giovani si auspicano (Millennials e Gen-Z stanno guidando le proteste del Black Lives Matter) è che Sephora possa aprirsi anche ai cosmetici prodotti da aziende emergenti fondate da esponenti della black population, ponendo fine a una selezione all'ingresso spesso denunciata come impari e, guarda caso, sempre in favore di imprenditori e imprenditrici dalla pelle bianca.
I manifesti inclusivi di Estée Lauder e Walmart
Anche altre aziende del beauty hanno pubblicamente promesso di volersi impegnare in favore della causa antirazzista. Qualche esempio? Partiamo da un altro colosso del settore: Estée Lauder, storico brand skincare fondato da una donna (qui la sua bellissima storia) un anno dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, ha dichiarato che assumerà più impiegati di colore. L'azienda cosmetica si è anche impegnata a donare 10 milioni di dollari nell'arco di tre anni alla NAACP (National Association for the Advancement of Colored People), una delle più influenti associazioni per i diritti civili negli Stati Uniti, fondata nel lontano 1909 in sostegno degli afroamericani.
C'è poi il caso di Walmart, mega catena della grande distribuzione americana, con un fatturato di 524 miliardi di dollari. Sino a un anno fa i cosmetici black-owned messi in vendita nei negozi Walmart venivano messi al riparo dai furti con un sistema di vetro protettivo. Il brand ha dovuto rivedere questa policy che, a suo modo, sottolineava una differenziazione di trattamento. Quel che è certo è che oggi i consumatori sanno come e dove reperire informazioni riguardanti i vari beauty brand. E hanno fatto capire chiaramente di non essere affatto disposti ad ascoltare solo belle parole e slogan anti razzisti da parte delle loro aziende cosmetiche preferite. Oggi chi compra anche solo un semplice fondotinta descritto come inclusivo si aspetta (giustamente) una filosofia coerente da parte del marchio che lo ha prodotto. Parola chiave: trasparenza.